Articolo pubblicato il 22 aprile 2023
Di: Redazione di Wikiherbalist

La definizione di “pianta officinale” nasce dalla tradizione culturale e storica italiana ed è stata introdotta per la prima volta nel quadro legislativo nel 1931 con regio decreto. La legge n.99 del 6 gennaio 1931 stabilisce che le piante officinali comprendono piante medicinali, aromatiche e da profumo. Per aromatiche e da profumo si intendono piante ricche di oli essenziali, che contengono sostanze aromatiche gradevoli al palato, odori piacevoli o molecole con effetti sensoriali. Tali piante possono essere impiegate nella creazione di aromi e profumi.
Il termine “officinale” deriva dal latino “officina”, cioè il laboratorio in cui le piante venivano lavorate attraverso vari processi (essiccazione, triturazione, macerazione, estrazione di essenze, ecc.) per renderle adatte a diversi scopi.
Esistono nel mondo tra le fra le 20.000 (G. Penso) e le 100.000 (L. Craker) erbe officinali.
In Italia l’ultimo testo di riferimento legislativo è il DM 29551 del 24 gennaio 2022 “Elenco delle specie di piante officinali coltivate nonche’ criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee”.
Si tratta di un provvedimento molto conciso, composto di soli dieci articoli così riassumibili:
Altre leggi importanti includono:
Il decreto stabilisce che le piante officinali includono anche alghe, funghi macroscopici e licheni destinati agli stessi usi delle piante medicinali, aromatiche e da profumo. E’ stato aggiornato l’elenco delle specie officinali coltivate che è costituito dall’allegato al decreto e da ulteriori documenti, tra cui monografie e banche dati europee relative all’uso delle piante in ambito alimentare, cosmetico e farmaceutico.
La coltivazione delle piante officinali comprende sia la coltivazione in campo aperto che in ambiente protetto, nonché tutte le operazioni a fini vivaistici. La coltura della cannabis sativa L. per la produzione di semi e derivati dei semi è regolamentata dalla legge n. 242 del 2 dicembre 2016, mentre la coltivazione delle piante di cannabis per la produzione di foglie, infiorescenze e sostanze attive a uso medicinale è disciplinata dal decreto n. 309 del 9 ottobre 1990.
La raccolta delle erbe spontanee è regolamentata da diverse norme, tra cui l’art. 300 del Testo Unico Ambiente D.lgs. 152/2006, l’art. 3 del Testo Unico P.O. D.lgs. 75/2018, il regolamento 386/2006/UE (CITES) per le specie rare e protette e le norme regionali. Le Regioni e gli Enti Parco sono competenti in materia.
La legislazione riguardo ai prodotti a base di erbe in Italia è ben poco chiara.
La definizione e la regolamentazione di questi prodotti, noti come fitoterapici, hanno subito notevoli cambiamenti negli ultimi due decenni. Inizialmente, i fitoterapici erano considerati farmaci derivati da piante medicinali, soggetti a rigidi requisiti di qualità e controlli, e registrati nelle diverse Farmacopee mondiali o in testi di riferimento. Tuttavia, dalla fine degli anni ’90, i prodotti vegetali, ora definiti “botanicals”, hanno iniziato ad essere utilizzati in integratori alimentari e cosmetici, con requisiti meno rigorosi. Il nostro Ministero della Salute classifica ancora il fitoterapico come farmaco, distinguendolo dal “prodotto di erboristeria”, ma la situazione rimane complessa e in continua evoluzione.
Dal punto di vista normativo, i fitoterapici possono essere classificati in base alla loro finalità d’uso, modalità di registrazione e di immissione in commercio. Di conseguenza, i prodotti vegetali possono essere regolamentati secondo la normativa dei farmaci (2001/83/CE) o quella degli integratori alimentari (2002/46/CE). La normativa 2004/24/CE si applica ai prodotti che vantano una lunga tradizione di utilizzo in Europa e per i quali sono disponibili dati sufficienti riguardo efficacia e sicurezza; questa norma consente la registrazione semplificata di farmaci vegetali tradizionali.